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 2013  febbraio 28 Giovedì calendario

CURIA INTERCETTATA

Ormai i segreti non sono più al sicuro neppure in Vaticano. Da oltre un anno, infatti, email, telefoni, incontri e colloqui sono stati meticolosamente messi sotto osservazione dalla gendarmeria interna, guidata dal generale Domenico Giani, un ex ufficiale della Guardia di finanza con un passato nei servizi segreti italiani. Tutto è iniziato nel settembre 2012, quando sono circolate le prime lettere di minacce al cardinale Tarcisio Bertone (rivelate da Panorama) e ci sono state le prime fughe di documenti. La gendarmeria è stata incaricata da Bertone e dal sostituto alla segreteria di Stato Angelo Becciu di svolgere un’azione di indagine ad ampio raggio. All’ombra del Cupolone è stata così messa in atto la più massiccia e capillare opera di intercettazione mai condotta fino a oggi nei Sacri palazzi. Persino le caselle email di vescovi e cardinali sono state setacciate e le loro utenze telefoniche sono finite sotto controllo. Obiettivo: ricostruire la rete di connivenze e di rapporti che gravitava intorno al «corvo», il maggiordomo Paolo Gabriele. Ma non solo. Il generale Giani e i suoi uomini hanno svolto un’azione di intelligence parallela a quella portata avanti dai tre cardinali, Julian Herranz, Jozef Tomko e Salvatore De Giorgi, i tre membri della commissione di indagine, nominata personalmente dal Papa, che ha consegnato a dicembre il rapporto segreto sulle lobby della curia svelato da Panorama dopo le dimissioni del Pontefice. E non è da escludere che i tre porporati, di tanto in tanto, abbiano attinto alle informazioni raccolte dalla gendarmeria.
Un fatto è certo: lo stesso Giani è stato sentito dalla commissione cardinalizia. Tuttavia, mentre i tre porporati hanno concluso il loro lavoro e la commissione si è sciolta con l’udienza concessa dal Papa lo scorso 26 febbraio, le indagini svolte dalla gendarmeria vaticana sono formalmente ancora in corso.
La chiusura dei processi a novembre, con la condanna a 18 mesi di «Paoletto» per furto aggravato (poi graziato da Benedetto XVI) e a due mesi del tecnico informatico Claudio Sciarpelletti (pena sospesa), non ha interrotto il lavoro degli inquirenti vaticani. Il promotore di giustizia, Nicola Picardi, ha infatti autorizzato la prosecuzione dell’attività investigativa sui rapporti del corvo dentro e fuori la curia per cercare di scoprire chi può averlo aiutato e chi può avere tratto vantaggio dalla sua azione.
Molti, però, nei Sacri palazzi temono che la vicenda Vatileaks sia diventata solo un pretesto per dar corso a una massiccia opera di controllo e di screening che non ha risparmiato nessuno. Una sorta di «grande fratello» vaticano insomma, messo in piedi dalla gendarmeria su sollecitazione del segretario di Stato Bertone, con il placet di Benedetto XVI.
D’altronde l’esperienza di Giani nei servizi segreti, in particolare nel settore dei crimini finanziari, lo ha aiutato a mettere in piedi un sistema di controllo preciso e sofisticato. Cinquant’anni, una laurea in pedagogia, volontario della misericordia e fondatore di «Rondine, cittadella della pace», in provincia di Arezzo, Giani nel 1999 è passato dagli 007 italiani alla gendarmeria vaticana. Si è occupato anche del comitato per la sicurezza del governatorato finché, nel 2006, ha preso il posto del comandante Camillo Cibin giunto all’età della pensione.
Appena arrivato al vertice della gendarmeria, Giani si è immediatamente dato da fare per incrementare il livello di sicurezza nella Città del Vaticano: ha introdotto le tessere magnetiche per il riconoscimento di quanti sono autorizzati a entrare e uscire dalle Mura leonine, ha rafforzato la videosorveglianza, ha promosso l’adesione dei servizi di sicurezza vaticani all’Interpol per lo scambio di informazioni. Tutto questo non è bastato per accorgersi dei movimenti sospetti del corvo, che lavorava a fianco del Papa. Ma non appena è iniziata la fuga dei documenti, che prendeva di mira lo stesso Giani e il cardinale Bertone, l’attività di controllo nei 44 ettari del territorio vaticano si è moltiplicata. E ha coinvolto, in qualche caso non senza polemiche, le stesse autorità italiane.
Oggi in curia nessuno sa se il grande orecchio della gendarmeria sarà ancora in ascolto, anche durante la sede vacante, oppure se rispetterà gli incontri, i contatti e le discussioni riservate tipiche del periodo che precede il conclave. Formalmente le indagini sono ancora aperte e dunque nulla vieta di continuare l’azione di controllo e intercettazione.
Un fatto è certo: da mesi ormai nei Sacri palazzi nessuno si fida più di parlare al telefono e di lasciarsi andare a confidenze per email. Dopo l’arresto del corvo la videosorveglianza è stata virtualmente estesa a tutto il territorio vaticano: non c’è più metro quadrato che possa sfuggire all’occhio delle telecamere di sicurezza. Vengono conservati gli elenchi delle entrate e delle uscite dalla Città del Vaticano dopo le ore 21. Le email vengono monitorate con sistemi automatici, mentre alcune sono state messe direttamente sotto controllo. Un discorso a parte meritano i 25 mila correntisti dello Ior con i loro 33 mila conti correnti custoditi presso il Torrione di Niccolò V. Su di essi il monitoraggio non è generalizzato, ma è stato mirato a situazioni particolari.
Non ci si è fermati alle intercettazioni e ai controlli sui documenti. I gendarmi sono stati coinvolti in azioni di pedinamento, osservazione e perquisizione che, in uno stato piccolo come il Vaticano (meno di 1.000 abitanti, tra cittadini e residenti), dove tutti si conoscono, in alcuni casi sono risultate particolarmente imbarazzanti. In questi mesi sono state ricostruite le abitudini e le frequentazioni anche di prelati, si è cercato di comprendere quale fosse la rete delle loro amicizie e dei loro rapporti. Non sempre queste informazioni sono risultate utili per far luce su Vatileaks. Ma ora restano comunque a disposizione della gendarmeria e del segretario di Stato, Bertone.
L’interrogativo ora è questo: a parte la magistratura vaticana, chi utilizzerà questa mole straordinaria di dati e di notizie raccolte sul conto di laici e prelati che frequentano la Città del Vaticano? La preoccupazione e il nervosismo per questa situazione si sono andati sempre più diffondendo nella curia dopo l’annuncio delle dimissioni del Papa. E trapela anche qualche attrito con le autorità italiane per eccessi di decisionismo e di iniziativa che vengono addebitati alla gendarmeria vaticana.
Oltre al rapporto dei tre cardinali consegnato nelle mani del Pontefice, c’è perciò anche questa sostanziosa quantità di documenti e materiali di indagine sull’intero universo vaticano, affidati alla responsabilità del cardinale Bertone e del sostituto alla segreteria di Stato, Angelo Becciu, ai quali fa riferimento la gendarmeria. Notizie e particolari riservati che potrebbero segnare il corso di alcune carriere ecclesiastiche.
Un carico di segreti pesanti che si aggiunge all’enorme mole di carte raccolte in casa del corvo (85 scatoloni) che non sono state inventariate in modo analitico e che solo Giani, Bertone, monsignor Georg Gänswein e il promotore di giustizia Picardi hanno avuto l’opportunità di esaminare in maniera completa e analitica. Per tutti gli altri resterà un mistero il reale contenuto dell’archivio del maggiordomo. Un carico che nel passaggio di consegne tra il vecchio e il nuovo pontefice potrebbe finire nelle mani sbagliate. Anche perché non è escluso che lo stesso Giani possa lasciare il Vaticano dopo l’elezione del nuovo Papa.
Curiosamente, infatti, proprio nei mesi scorsi, il governo italiano lo ha candidato alla carica di supervisore alla sicurezza alle Nazioni Unite. E sarà sostituito anche il suo vice, Raul Bonarelli, prossimo alla pensione. Al suo posto potrebbe arrivare il braccio destro di Giani, Costanzo Alessandrini, che lo ha assistito nel corso di tutte le indagini sul corvo. Passaggi di testimone delicatissimi, che avvengono in un momento di grande turbolenza per il Palazzo apostolico e che perciò sono vissuti con ansia dai prelati che temono di essere finiti nelle maglie dei controlli.
Intanto, per quanto riguarda il rapporto della commissione svelato da Panorama, trapelano altri particolari. «Paoletto», sia negli interrogatori di fronte alla magistratura sia nel colloquio con i tre cardinali, ha fatto altri nomi con i quali è stato in contatto. Sulla base di queste rivelazioni e di altri elementi di indagine raccolti, la commissione cardinalizia avrebbe ascoltato nuovi porporati, fra i quali Paolo Sardi (patrono del Sovrano ordine di Malta), Angelo Comastri (vicario generale del Papa per la Città del Vaticano) e l’ex segretario di Stato, Angelo Sodano. Uno di questi avrebbe anche chiesto di poter visitare in carcere il maggiordomo, ma la gendarmeria, dopo aver consultato la segreteria di Stato, avrebbe negato il permesso.
Ci sarebbero anche svariati altri cardinali fra quanti sono stati ascoltati da Herranz, Tomko e De Giorgi, e la relazione finale consegnata al Papa tratta diffusamente dei rapporti di potere ai massimi vertici della curia. Sul dossier finale vige il segreto pontificio, ma i tre commissari, se interrogati dai confratelli, potranno offrire qualche elemento di informazione e di giudizio utile per il conclave. A Panorama è stato anche mostrato il testo di una denuncia consegnata qualche anno fa alla commissione disciplinare della curia romana, presieduta dallo stesso Herranz, nella quale si parlava di almeno 200 casi di sacerdoti e prelati del Vaticano coinvolti in storie di omosessualità, ricatti, relazioni clandestine, cerimonie sataniche. Un rapporto al quale all’epoca Herranz non aveva ritenuto di dare seguito, ma che forse oggi potrebbe offrire ulteriori elementi di investigazione.
Diverso il discorso per le intercettazioni della gendarmeria: su di esse vige il segreto processuale, ma non quello pontificio. Quanti sono al corrente di tali informazioni per ragioni di ufficio potranno quindi utilizzarle nel corso del conclave? Difficile fare una previsione al riguardo. Un fatto è certo: la stagione dei dossier in Vaticano non è ancora finita. E peserà certamente sui cardinali chiusi nella Cappella Sistina. Al successore di Benedetto XVI il compito spinoso di voltare pagina e di impedire che alla stagione dei dossier segua quella delle vendette.