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 2013  febbraio 27 Mercoledì calendario

DA OGGI INIZIA IL LORO DECLINO

Parliamo del niente, ma dovremo abituarci. Per ora Grillo e i suoi restano questo: il niente politico, benché muniti di voti e parlamentari. In Grecia il niente - cioè i partiti di protesta - ha funestato le elezioni e ha costretto a rifarle: dopodiché la gente capì e alla seconda tornata elettorale la protesta si riassorbì o quasi. Traduzione: non è affatto detto che il Cinque Stelle da nuove elezioni avrebbe soltanto da guadagnare.
Negli ultimi due giorni abbiamo visto e rivisto dei filmati con Grillo che dialoga al telefono con Piero Ricca (una cosa politicamente dirompente) e poi il suo «discorso dei Ray-Ban» dove c’è lui che esce dal cancello e si concede finalmente ai giornalisti: un evento a scopo dimostrativo in cui peraltro il comico ha accettato di rispondere ad alcune domande, anche se - ha detto - erano domande tutte «sbagliate », sapete. In sostanza Grillo ha detto che i suoi futuri interlocutori parlamentari faranno un governissimo e che sono «malati mentali», qualcuno, cioè, dovrebbe prenderli sottobraccio dicendo loro che «è finita». Poi ha detto che il prossimo Capo dello Stato potrebbe essere il «ragazzino» Dario Fo (86 anni, che sarebbero 93 a fine mandato) e la risposta di Fo in effetti è parsa la più lucida della giornata: «Non ho le energie fisiche e psichiche». Poi Grillo ha detto le solite sue cose: che «faremo tutto quello che abbiamo promesso... Vedremo riforma per riforma, legge su legge, se ci sono proposte le valuteremo». Da dove? Come? Nei confronti di quale governo? E i presidenti della Camera e del Senato? Boh. Parole. A ben guardare, ieri, Grillo non ha detto niente: ma è tutto quello che ha detto, e allora giù discussioni.

INCIUCI E LARGHE INTESE
La cronaca di parte grillina è tutta qui, e a simili e penosi approcci è appeso il dibattito politico: con gli analisti impegnatissimi nella decrittazione del niente, arrovellati nel tenar di comprendere se i «no» di Grillo siano strategici o significhino «no» e basta. No a governissimi, a larghe o strette intese, a qualsivoglia dialogo, no a «inciucetti e inciucini», in pratica no a fermare la sua lunga marcia attraverso le istituzioni che denota il palese obiettivo di scassarle. Riempire i granai al prossimo raccolto elettorale, roba che potrebbe esserci tra pochi mesi, un anno al massimo: il messaggio di Grillo, per ora, sembra solo questo.
Non c’è ragione di pensare altrimenti, la chiusura di Grillo pare totale e sufficientemente motivata: ma stratosferica è comunque l’attenzione alle «aperture» di parte piddina, da quelle di Pierluigi Bersani («Grillo dica cosa vuole fare») a quelle evocative e non sintetizzabili di Nicola Vendola. Eppure Grillo era già parso abbastanza esplicito, ci pare. Ha detto che parlerà personalmente col Capo dello Stato per le consultazioni: anche questo è un progresso. Intanto i suoi ragazzini, da marzo, avranno il tempo di prendere confidenza con l’emiciclo parlamentare e di raffreddare il loro approccio da dilettanti allo sbaraglio in perenne fregola da assemblea studentesca. Chissà se sarà loro chiaro - se sarà chiaro a Grillo, soprattutto - che sono rappresentanti del popolo italiano, ora, e non soltanto degli amici loro.

FINE DELLA PROPAGANDA
Il tempo della propaganda e dell’irresponsabilità è finito, o c’è da sperarlo: il Cinque Stelle non potrà reggere all’infinito senza democrazia minima e strutture e gerarchie e un’organizzazione del consenso. Giuseppe Piero Grillo è ancora e soltanto una sorta di capo di Stato maggiore con sotto di lui, infinitamente sotto, una truppa proletaria con la quale lui non parla neanche. I grillini, a ben guardare e a ben ascoltare, per non sbagliare non dicono mai nulla che non sia «contro»: perché una vera idea non c’è, un vero programma non c’è, una dinamica democratica non c’è, non c’è praticamente niente se non in termini molto generici. Manca ancora un disegno, un’idea precisa, una vera «intelligence» dietro ogni mossa o frase pronunciata: è tutto un po’ così, estemporaneo come un’uscita fuori dal cancello a parlare coi giornalisti. Non è possibile che una forza autenticamente democratica trovi origine e sede soltanto nel blog di Beppe Grillo, anzi neanche, in una sottosezione del blog di Beppe Grillo: laddove l’unico titolare del movimento è lui, e per contattarlo c’è un solo indirizzo email.
Nel suo movimento non ci sono «fedelissimi», non ci sono «dissidenti», non ci sono «ribelli», non esistono vere «polemiche», non c’è niente nei fuorionda perché c’è pochissimo persino in onda: non c’è niente, ci sono le banali dinamiche che si studiano in sociologia a proposito dei gruppi, c’è un ribollire che si teme - lo teme Grillo - possa solidificarsi in qualcosa che deluda. L’ebollizione perciò continuerà. E discutere con loro, con il Cinque Stelle, non servirà a niente.