Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  febbraio 27 Mercoledì calendario

ESCLUSI FONDATORI E PADRI NOBILI

L’altra notte, in redazione, stavamo lì a contarli. Restano fuori dal Parlamento sia Fini che Di Pietro, e poi anche Marini e Micciché, e poi altri, e altri ancora. Su Fini abbiamo tutti rifatto bene i conti, perché, davvero, sembrava impossibile.
E invece, sì, è fuori, per cominciare, proprio lui: Gianfranco Fini, diciotto pagine di biografia sull’enciclopedia Wikipedia, dal Fronte della Gioventù a Fiuggi, ad Alleanza nazionale, al Pdl, dall’Auditorium di via della Conciliazione («Che fai? Mi cacci?», rivolto a Berlusconi) alla presidenza della Camera, a Fli, che si ferma su un tragico 0,46%.
Grigia la faccia, serrate le labbra sottili, mentre quelli di Striscia vanno a consegnargli il Tapiro d’oro: niente a che vedere con lo sguardo che metteva su davanti ai cronisti, in un miscuglio di spavalderia e cordialità, mentre Italo Bocchino restava sempre un poco dietro, sul marmo lucido del Transatlantico, negli ultimi tempi a chiarire soprattutto le sue storie d’amore (dalla Carfagna alla Began).
E comunque pure Bocchino è fuori.
Come Di Pietro. Uno che ti dava sempre la frase giusta, il titolo per il giorno dopo. Ruvido, furbo, a suo modo leale. Non stupì quando si alleò con Antonio Ingroia, per la Rivoluzione civile. Ma è andata malissimo. A tutti: a Ingroia e anche a Ferrero e Diliberto, che speravano di tornare.
L’elenco degli esclusi è davvero lungo. Ogni partito ha i suoi martiri (un modo di dire, va).
Nel Pd hanno tagliato uno dei suoi fondatori, Franco Marini. Tagliata la Luciana Pedoto (in realtà, ex segretaria di Fioroni). Tagliata la Anna Paola Concia (inutili le sue appassionate battaglie sui diritti dei gay: i bersaniani nemmeno volevano candidarla, e alla fine, dopo l’insurrezione dei militanti in rete, l’hanno spedita a fare campagna elettorale in Abruzzo). La moglie dell’ex sindaco di Napoli Antonio Bassolino, Anna Maria Carloni, è la prima dei non eletti in Campania.
Bocciato Guido Crosetto, un imprenditore con la passione per la politica: si scopre disgustato da Berlusconi, lascia il Pdl, fonda con la Meloni Fratelli d’Italia, poi un pomeriggio fuma 150 sigarette e, per poco, non ci lascia le penne. Vivrà lontano da Montecitorio (anche meglio, può darsi).
L’esperimento di Fratelli d’Italia è costato il seggio al figlio di Francesco Cossiga, Giuseppe, candidato al Senato in Sardegna. Sull’isola è andata male anche a Mario Sechi, che per salire sul carrozzone di Scelta civica ha addirittura lasciato la direzione del quotidiano Il Tempo. Pure l’ex ministro per gli Affari europei Enzo Moavero e Giuliano Cazzola avevano creduto a Monti: ma entrambi restano a casa.
L’idea di restare a casa non era certamente contemplata neppure da due tipini eccellenti come Gianfranco Micciché, leader di Grande Sud, bocciato alla Camera, e da Raffaele Lombardo, leader di Mpa, bocciato al Senato. Dove non arriva Roberto Rao, giovane e preparato ex portavoce di Casini (e comunque, per lunghe ore, persino Casini è stato nervosamente con la calcolatrice in mano, a cercare di capire se un posticino a Palazzo Madama, almeno per lui, ci sarebbe scappato).
Oscar Giannino non si lamenta, e dice: «Non ce l’ho fatta, ma me lo merito». Stato d’animo assai diverso quello dei due più illustri esclusi del Pdl: Osvaldo Napoli (incredulo) e Amedeo Laboccetta (letteralmente furibondo).
Dal Pdl qualche buona notizia però arriva. Intanto l’ex direttore del Tg1 Augusto Minzolini è stato eletto e in Parlamento troverà la sua ex (?) fidanzata Gabriella Giammanco: certo, lui è al Senato e lei alla Camera, però è anche vero che non si può avere tutto dalla vita. Privilegio che non si è potuto riservare nemmeno Berlusconi (per lui, uno scranno al Senato) che avrà sì la schiera delle sue amazzoni preferite al gran completo, ma a Montecitorio. Tutte rielette eccole che già lo aspettano: Maria Rosaria Rossi (quella che, intercettata in una telefonata, disse a Emilio Fede: «Anche stasera Bunga bunga, due di notte e... Oh, no...») ed Elvira Savino (dal sito Dagospia soprannominata la «Topolona»), Laura Ravetto e Mara Carfagna (mentre rischia di restare fuori Fiorella Ceccacci Rubino, già fieramente attrice con Tinto Brass: «Che male c’è a saper recitare anche con il culo?»).
Dopo esser rimasto fermo una legislatura torna Gennaro Migliore di Sel, fa il suo esordio nel Pd l’olimpionica Josefa Idem, confermato Ignazio La Russa, sebbene la scorsa notte Bruno Vespa ne abbia, per lunghi interminabili minuti, annunciato l’esclusione.
Da Vespa, tra gli ospiti, c’era Miguel Gotor, storico e scrittore di rito bersaniano, che però deve abituarsi a pesare meglio le parole (i suoi interventi commentati su Twitter con graffiante ironia da militanti sconcertati).
I grillini portano, tra gli altri, Ivana Simeoni, 63 anni, operatrice del servizio 118 di Latina (al Senato) e suo figlio Cristian Iannuzzi, 40 anni (alla Camera).
In Transatlantico ritroveremo Antonio Razzi e Domenico Scilipoti. E qui, ogni commento, francamente, è superfluo.