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 2011  ottobre 27 Giovedì calendario

IL «BIG BANG» DI RENZI SCUOTE GLI EQUILIBRI NEL PD —

Il «big bang» di Matteo Renzi si avvicina, e a Roma i dirigenti del Partito democratico si preparano a non subire nessun contraccolpo. Ma l’effetto della «Leopolda II» è contagioso e si fa sentire anche nei palazzi della politica.
In un corridoio della Camera gli ex prodiani, gli "orfani", come si autodefiniscono loro, discutono dell’appuntamento fiorentino. Ci sono Giulio Santagata, che parteciperà all’iniziativa, e c’è Antonio Laforgia che dice: «Renzi è l’unico fenomeno interessante nel panorama del centrosinistra». Poco più in là Arturo Parisi annuncia: «Io ci andrò: credo di essere l’unico brontosauro ammesso e prenderò anche la parola». Il leader referendario non vuole mancare: è sua intenzione rilanciare le primarie proprio in quella sede, davanti al sindaco di Firenze che è uno dei più strenui sostenitori di questo strumento. Raccontano che anche Romano Prodi stia seguendo con molto interesse le mosse del "giovane" Renzi, benché abbia deciso di non partecipare alla manifestazione, per evitare polemiche dentro il Pd.
Dunque, l’ex premier è intrigato dal movimentismo del mai domo sindaco di Firenze. E non è il solo. Assiso su un divanetto, nel Transatlantico di Montecitorio, Pierluigi Castagnetti si lascia prendere dai ricordi: «Matteo è un coraggioso, un uomo intraprendente e pieno di vitalità. Mi ricordo che da segretario del Ppi volevo tenere un dibattito a Firenze sulla crescita demografica. Un tema di nicchia, ma Renzi mi assicurò che avrebbe organizzato tutto lui. Arrivai ed era pieno di gente, mi feci trascinare dall’entusiasmo anche io e mi sedetti per terra insieme a un gruppo di giovani. Intanto mi chiedevo: e adesso come riuscirò a introdurre un argomento così serioso? All’improvviso lui mi lanciò il microfono e io iniziai a parlare come se niente fosse». Ne ha tanti di ricordi, Castagnetti, alcuni recentissimi: «Ho conosciuto il capo dei vigili urbani di Firenze e mi ha raccontato che non c’è giorno in cui Renzi non faccia almeno una decina di telefonate. Gira per le strade a piedi e chiama per dire "c’è un marciapiede rotto", "c’è un semaforo guasto", e via così».
Insomma, nel Pd circolano già le agiografie orali di quello che potrebbe essere il leader del futuro. E nel frattempo dieci parlamentari del partito hanno presentato una lettera-appello a favore di Renzi e della sua iniziativa. Tra i firmatari, Pietro Ichino, Ermete Realacci, Roberto Della Seta, Luigi Bobba, Roberto Giachetti, Maria Paola Merloni. Spiega uno di loro, l’ex presidente di Legambiente Della Seta: «Non si tratta di essere d’accordo al cento per cento con tutte le proposte del sindaco di Firenze, ma il fatto è che comunque lui è l’unico che può togliere il tappo e rimettere in movimento il partito che altrimenti rischia la stagnazione». Inutile dire che Della Seta e gli altri firmatari dell’appello saranno alla «Leopolda II».
Insomma, Renzi è riuscito a rompere un argine anche nei palazzi della politica romana. Contro di lui si schierano i colonnelli di Bersani. Catiuscia Marini, presidente della Regione Umbria, e Stefano Fassina, che dice: «Matteo vende, come nuove, ricette fallite». Più cauti il segretario («Renzi è una risorsa») e D’Alema («è un giovane brillante»), che non vogliono esporsi troppo. E lui? Il protagonista delle molte conversazioni di casa Pd, il sindaco che vuole riformare le pensioni e accusa il sindacato di «conservatorismo», che dice? Di certo gli fischiano le orecchie. Di certo non si tira indietro e racconta qual è il Partito democratico che vorrebbe: «Se ci limitiamo a cercare di tenere tutti insieme con una classe dirigente sempre più autoreferenziale e stanca, abbiamo davanti non un viale, ma un vicolo del tramonto. È sbagliata l’idea che pur di non scontentare nessuno si tengano insieme le cose più assurde. La grande sfida che ha ora di fronte il Pd è capire se il discorso del Lingotto è il punto da cui ripartire».
Maria Teresa Meli