Morya Longo, Il Sole 24 Ore 5/10/2011, 5 ottobre 2011
IL PARADOSSO DEL CREDITO: ABBONDANTE LIQUIDITÀ E PROBLEMI DI FUNDING
Sul sistema bancario europeo ci sono oggi 490 miliardi di euro, liquidi liquidi, iniettati dalla Bce con operazioni di mercato aperto. Tra gli economisti si stima che attualmente ci sia un surplus di liquidità, nel Vecchio continente, di oltre 200 miliardi di euro: soldi che potremmo considerare «di troppo». Eppure una banca come Dexia – ormai è ufficiale – ha problemi a reperire finanziamenti a breve. E, come ribadisce all’Ansa il presidente dell’Autorità bancaria europea Andrea Enria, Dexia non è l’unica ad avere problemi di funding. Concetto espresso lunedì anche dal futuro presidente della Bce, Mario Draghi. Ecco a voi il più grande paradosso di questi giorni: sul mercato la liquidità abbonda, ma ci sono banche che non riescono ad ottenerla. È come se qualcuno faticasse a bere, pur trovandosi in un lago pieno di acqua.
Come sia possibile non è facile a dirsi: la Bce presta a tutti qualunque somma serva, per cui una crisi di liquidità dovrebbe essere a priori esclusa. Eppure il problema – esteso o meno che sia – esiste: la Borsa, con l’indice bancario crollato del 34% da luglio, lo ha ormai capito. Il primo problema è che la liquidità c’è, ma per mancanza di fiducia non circola più: chi ce l’ha se la tiene, chi non ce l’ha fatica a reperirla. Ma il problema maggiore potrebbe essere un altro: iniziano forse a scarseggiare anche i titoli utilizzabili come garanzia per reperire finanziamenti presso la stessa Bce. Se fosse vero – come sostengono alcuni addetti ai lavori – allora anche il "bancomat" della Bce rischierebbe, per alcuni istituti, di diventare sterile.
Il fiume è in secca
Le banche hanno vari canali per finanziare le esigenze di liquidità quotidiane: le emissioni obbligazionarie, il mercato interbancario (dove gli istituti si prestano i soldi l’uno con l’altro) o i depositi della clientela. Ebbene: il primo di questi canali è in secca da mesi. Secondo i dati elaborati da Dealogic per «Il Sole 24 Ore» nel periodo giugno-settembre in tutta Europa le emissioni di bond da parte di banche sono ammontate ad appena 59 miliardi di dollari: stiamo parlando del 72% in meno rispetto allo stesso periodo del 2010. Questo è il primo canale in secca.
Ce n’è un altro: il mercato dei finanziamenti a breve scadenza in dollari. Dato che i fondi monetari americani si fidano sempre meno delle banche europee, negli ultimi mesi hanno prestato meno dollari: secondo i calcoli di JP Morgan, gli istituti europei nell’ultimo anno hanno "perso" 700 miliardi di dollari di finanziamenti a breve termine oltreoceano. Anche il mercato interbancario in euro si sta facendo più ostile, con prestiti sempre più brevi a tassi sempre più elevati: le banche preferiscono parcheggiare i soldi che hanno alla Bce (ieri i depositi hanno raggiunto la cifra record dell’anno a 209 miliardi) che prestarli ad altri istituti.
La Bce: arma spuntata?
A fronte della secca dei canali di mercato, le banche europee da qualche mese "prelevano" sempre più liquidità presso la Bce. Le banche italiane – per fare un esempio – a maggio avevano preso 31 miliardi di euro, mentre ad agosto si sono "abbeverate" a Francoforte per 85 miliardi. Di fronte a questi dati, la domanda è ovvia: se la Bce presta a tutte le banche tutti i soldi di cui hanno bisogno, com’è possibile che qualcuna si trovi in difficoltà?
I casi sono due: o le preoccupazioni sono eccessive (il che è possibile), oppure c’è dell’altro. Secondo alcuni addetti ai lavori, il problema è il cosiddetto «collaterale»: dato che per ottenere finanziamenti dalla Bce bisogna consegnare titoli obbligazionari, alcuni addetti ai lavori sostengono che ultimamente inizino a scarseggiare. Insomma: è possibile che alcune banche abbiano sempre meno titoli da consegnare in garanzia, e dunque abbiano sempre minori possibilità di finanziarsi a Francoforte. Anche questo può sembrare strano, dato che in Europa – stima la Bce – ci sono 14mila miliardi di euro di titoli utilizzabili. Ma l’allarme lo lanciano in tanti.
Le banche italiane
C’è infine un ultimo canale di finanziamento: i depositi della clientela. È questo il vantaggio delle banche retail (come quelle italiane) rispetto a istituti come Dexia o SocGén. È in effetti unanimemente riconosciuto che le banche italiane non abbiano allo stato attuale problemi vitali di raccolta. Ieri l’ha ribadito anche il presidente dell’Abi, Giuseppe Mussari: «Attualmente in Italia non esistono problemi di funding». Ma, soprattutto, lo confermano i numeri: tutte le maggiori hanno infatti già esaurito le necessità di raccolta per il 2011. Il problema, per loro, è il 2012: come si vede nella tabella, l’anno prossimo Intesa dovrà rimborsare e rifinanziare 22 miliardi di bond, UniCredit 31 miliardi, Mps 11 miliardi. Se il costo della raccolta restasse elevato e l’accesso al mercato quasi proibitivo, anche per loro i problemi diventerebbero seri.