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 2011  giugno 28 Martedì calendario

MA CHI PAGA IL CONTO DEGLI INTERVENTI PER I PIÙ DEBOLI

Siamo lieti che finalmente si cominci a discutere sui costi e non solo sui benefici degli eurobond. Romano Prodi e Alberto Quadrio Curzio hanno proposto sulle pagine di questo giornale un ingegnoso meccanismo per rendere gli eurobond più appetibili per i tedeschi. Per illustrare come questo meccanismo non possa funzionare ricorreremo a un esempio.

Dimitrios ha un reddito annuale di 1.000 euro; in banca ha 100 euro in gioielli d’oro e 100 euro in azioni, ma ha un debito di 1.500 euro su cui paga un interesse del 20 per cento. È praticamente in bancarotta. Suo fratello, Klaus, guadagna molto di più, 9mila euro all’anno; in banca ha 4mila euro in gioielli d’oro e 4mila euro in azioni; dal lato del passivo, ha solo un mutuo di 7mila euro a un interesse del 3 per cento, quindi pienamente gestibile.

Il rapporto debito/reddito dei due fratelli è dunque 85 per cento; per coincidenza, è uguale a quello dell’Eurozona: troppo alto. Il padre dei due fratelli, Romano Alberto, propone il seguente schema per ridurre il debito al 60% del reddito e salvare allo stesso tempo Dimitrios. I due fratelli creano una società, la EuroUnion, fuori dal bilancio delle rispettive famiglie, con un capitale di 1.000 euro, versato da ciascuno dei due in proporzione al proprio reddito. Dimitrios e Klaus versano rispettivamente 50 e 450 euro in gioielli d’oro, e altrettanto in azioni; Romano Alberto ha deciso che le azioni dovranno essere nei settori di comunicazione, energia e trasporti. Nonostante l’oro sia ai massimi storici Romano Alberto ritiene il prezzo di mercato un buon indicatore del valore dei gioielli; non così per le azioni, che vengono valutate a un prezzo "reale", non a quello "svilito" indicato dal mercato. Qui c’è un problema, perché Dimitrios vorrebbe valutare le proprie azioni a 1.000 euro e quelle di Klaus a 50 euro, e viceversa. Ma in qualche modo si metteranno d’accordo, salvo poi recriminare e rivolgersi agli avvocati.

La EuroUnion emette un’obbligazione, chiamata EuroUnionBond (Eub), per 3mila euro, di cui ciascun fratello è responsabile in solido per l’intero ammontare. Con il ricavato dell’emissione, la EuroUnion compra 500 euro di azioni nei settori tanto cari a Romano Alberto: energia, trasporti e comunicazioni; con i restanti 2.500 euro ritira lo stesso ammontare di debito dei due fratelli, riducendo così il loro debito sul mercato a 6mila euro, il 60% del reddito totale.

Ma ci sono due grossi problemi. I 2.500 euro non sono esattamente scomparsi: sono sempre un debito dei due fratelli, solo che ora sono in solido e parcheggiati fuori bilancio nella EuroUnion. Prima della crisi del 2008 le banche tentarono lo stesso trucco: far scomparire le poste scomode mettendole fuori bilancio. Ovviamente funzionò solo finché il mercato non se ne accorse; finì come sappiamo. Nella EuroUnion questo vizio sembra essere diventato una virtù.

Se fosse un’impresa privata, gli amministratori dell’EuroUnion sarebbero accusati di falso in bilancio perché hanno sopravvalutato l’attivo. Se poi il prezzo dell’oro dovesse scendere, come già avvenuto da quando Romano Alberto fece la sua proposta, la società sarebbe insolvente e gli amministratori finirebbero in galera per bancarotta fraudolenta.

In ogni caso sarà difficile trovare acquirenti per l’Eub, e non certo al tasso del 3% in cui spera Romano Alberto. Sappiamo già infatti che l’Eub non potrà avere la tripla A, in quanto le garanzie versate da Klaus (l’unico con una tripla A) sono di gran lunga inferiori all’ammontare totale del debito emesso dalla EuroUnion. E le garanzie reali sono sopravvalutate. La famiglia

di Klaus, comprensibilmente, non è contenta.

Il problema di fondo è che Dimitrios è insolvente; perché Klaus dovrebbe ripagare tutti i 3mila euro di Eub emessi, inclusa la parte utilizzata per comprare il debito di Dimitrios? È vero che bisogna aiutare i fratelli nel bisogno, ma non bisogna prima pensare ai propri figli? Ancora una volta, la moglie e i figli di Klaus sono molto scontenti.

Ma come, dice Romano Alberto, non basta la garanzia, cioè il patrimonio versato, per rassicurare il mercato? Il fatto è che Dimitrios è veramente sull’orlo della bancarotta. A tal punto che, quando qualche tempo fa si era rivolto a un amico finlandese, questi aveva preteso una garanzia cash (!) di 49 euro per prestargli 50 euro. I 100 euro versati da Dimitrios nella EuroUnion (peraltro a prezzi gonfiati rispetto a quelli realizzabili sul mercato) sono quindi chiaramente una garanzia insufficiente a coprire anche solo i 250 euro della sua quota "virtuale" nel debt buyback di EuroUnion.

Nonostante tutto, la EuroUnion va avanti. Il suo intervento massiccio, però, ha aumentato la domanda dei due bond, per cui il valore di mercato del debito totale dei due fratelli è salito da 8.500 a 10mila euro. Alla fine, non un grande affare, tranne per le banche che detengono questo debito.

Un programma di intervento deve avere chiaro qual è il problema che si vuole risolvere. La proposta di Romano Prodi e Alberto Quadrio Curzio sembra suggerire che l’unico problema è un’errata valutazione dei mercati, che sottovalutano i titoli pubblici dei Paesi periferici e il valore delle loro aziende (ma non sopravvalutano il valore dell’oro). Attraverso una sofisticata ingegneria finanziaria, che ricorda quelle usata dalle banche di investimento americane prima della crisi del 2008, Prodi e Quadrio Curzio cercano di ingannare i mercati e risolvere questa sottovalutazione. Noi pensiamo che il problema sia più profondo. Da un anno a questa parte andiamo dicendo che la Grecia è insolvente (e che l’Italia è a rischio). Se un Paese è insolvente, per definizione non è in grado di pagare tutti i debiti. Ci sono quindi solo due possibili esiti. O i creditori del Paese accettano una riduzione del debito, oppure interviene la Germania a pagare una parte dei debiti. Tertium non datur. Nessuna alchimia finanziaria potrà mai evitare questa scelta, per quanto scomoda e dolorosa.