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 2011  giugno 28 Martedì calendario

GHEDDAFI RICERCATO E INSEGUITO (DAI MISSILI)

Gheddafi è un ricercato e un bersaglio. La Corte internazionale dell’Aja ha emesso un mandato di cattura contro il Raìs, il figlio Saif e il capo dei servizi. Un passo che accompagna la caccia al dittatore, inseguito da bombe e piani segreti per eliminarlo. Gli inglesi lo seguono con i droni e una nave con apparati per intercettazioni. A terra sarebbe in azione un gruppo anglo-francese di 130 uomini con una missione: Operazione Spara e Dimentica.
In grado di parlare l’arabo, i commandos seguono le orme del Raìs con l’aiuto di informatori locali. E gli alleati ci provano anche dal cielo, con i continui raid. Il safari in terra nordafricana va avanti da settimane, con la preda ferita ma tenace. Muammar Gheddafi controlla sempre meno territorio, però non appare disposto a levare la tenda. Almeno per ora. E allora gli rammentano che potrebbe morire da un momento all’altro. L’ultimo a farlo, alcuni giorni fa, l’ammiraglio americano Samuel J. Locklear, comandante Nato a Napoli. Con brutale franchezza, l’alto ufficiale ha dichiarato: «Stiamo cercando di ucciderlo con ogni mezzo» . Poi l’Alleanza ha provato a correggere. Ma le indiscrezioni sul dispositivo militare così come le incursioni lasciano pochi dubbi che il colonnello siano nel mirino. Sin dal D-Day della missione Libia. I più espliciti e cinici i britannici. Il ministro degli Esteri, William Hague, ad una domanda precisa ha replicato: «Non faccio speculazioni sui bersagli. Dipende dalle circostanze» . Poi un’aggiunta: «E dal suo comportamento» . Ossia, se Gheddafi si macchia di altre stragi rischia grosso. Stessa posizione del ministro della Difesa, Liam Fox che non ha escluso che il dittatore possa essere eliminato. Una linea stranamente contraddetta da chi dovrebbe mettere in pratica gli ordini. Il capo di stato maggior inglese, generale David Richards, si è esposto nel sostenere che il leader libico «non è un target» . La pensa così — almeno in pubblico — l’alleato francese. Il responsabile della diplomazia Alain Juppé ha più volte negato che vi sia l’intenzione di liquidare fisicamente il colonnello. Dall’altra parte dell’Atlantico, in perenne litigio su cosa fare, sono emerse interpretazioni differenti. Il presidente Barack Obama si accontenta della partenza del Raìs: lo ha ripetuto anche di recente. Più duri alcuni esponenti repubblicani di peso. John McCain, Joe Lieberman e Lindsay Graham hanno detto la loro senza fronzoli. «È possibile tagliare la testa del serpente» . E con quella provocare la caduta del regime. Visione che ha trovato d’accordo una figura molto seguita in Medio Oriente. Yusuf Al Qaradawi, ispiratore religioso dei sunniti, ha emesso una fatwa che equivale ad una condanna a morte. «Chiunque nell’esercito o in qualsiasi altro apparato sia in grado di sparare (al Raìs, ndr), dovrebbe farlo» . La morte di Gheddafi— secondo alcuni — potrebbe evitare situazioni difficili in futuro. I ribelli, sia pure lentamente, si avvicinano a quelle regioni dove Gheddafi conta ancora appoggi. Località dove gli insorti non sono sempre visti come dei liberatori. C’è dunque il rischio di vendette e uccisioni che coinvolgano anche la popolazione. Se, invece, il despota scompare è possibile cercare una transizione meno traumatica. E ora che Gheddafi è ricercato per crimini contro l’umanità, gli alleati hanno una giustificazione in più per chiudere la campagna dei mille dubbi.
Guido Olimpio