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 2011  giugno 28 Martedì calendario

CON IL FREJUS L’ITALIA SI APRÌ L’EUROPA - È

stata, dopo l’Unità nazionale, la prima linea di comunicazione ferroviaria dell’Italia con l’estero, attraverso il traforo del Frejus, quella da trasformare entro il 2023 e il 2025 in una tratta ad alta velocità, al fine di raddoppiare il traffico dei convogli merci.

Dell’originario collegamento ferroviario con l’altro versante delle Alpi si era cominciato a parlare a Torino nel 1832, per iniziativa di un imprenditore, Giuseppe Médail; e, otto anni dopo, il governo aveva incaricato un ingegnere belga, Henri Mauss, di studiare come si sarebbe potuto dar corso a un’iniziativa così impegnativa. Ma furono poi Germano Sommeiller, Sebastiano Grandis e Severino Grattoni a elaborare il progetto definitivo, che, accantonato dopo la sconfitta nel 1849 del Regno di Sardegna contro l’Austria nella prima guerra d’indipendenza, venne rimesso in cantiere nel 1857 dal Parlamento subalpino con un finanziamento di 42 milioni.

Per avere un’idea dei complessi problemi tecnici che comportava la costruzione di una galleria fra Bardonecchia nell’alta val Susa e Modane in val Moriana, basti considerare il fatto che si trattava del primo tunnel da realizzare sotto le Alpi e il più lungo del mondo, per un percorso di oltre 13 chilometri. A tal fine venne utilizzato un nuovo tipo di perforatrice meccanica, azionata da vapore, aria e acqua compressa, brevettata nel 1854 e poi perfezionata da Sommeiller e dagli altri due ingegneri che avevano redatto il progetto.

Dopo la cessione nel 1859 della Savoia alla Francia, si procedette rapidamente allo scavo del traforo, dato che adesso avrebbe aperto una via di comunicazione diretta con Lione e, di qui, con Parigi. Perciò Cavour seguì personalmente il corso dei lavori prima della sua prematura scomparsa nel giugno 1861. Altrettanta attenzione vi dedicarono i suoi successori, a capo dei governi della Destra storica: tanto più in seguito al trattato di commercio del novembre 1863 con la Francia. In quella circostanza il ministro degli Esteri Emilio Visconti Venosta asserì che l’intesa s’ispirava a "fondamentali principi di libertà economica"; mentre il futuro titolare delle Finanze Antonio Scialoja affermò che in tal modo si sarebbero intensificati i rapporti economici anche con la Gran Bretagna, e sarebbe perciò fallito il tentativo dell’Austria di isolare il nuovo Regno.

Un altro motivo importante valse ad accelerare la costruzione del traforo: ossia, il taglio dell’istmo di Suez in corso di ultimazione, in quanto la Penisola sarebbe potuta divenire così una sorta di piattaforma per il collegamento fra l’Europa nord-occidentale e l’Estremo Oriente. Sta di fatto che la galleria del Frejus, inaugurata nel settembre 1871, dopo un’opera d’alta ingegneria portata a termine in tempi record per gli standard dell’epoca, vide transitare il 5 gennaio il primo treno in servizio fra Brindisi e Londra, denominato perciò "la Valigia delle Indie".

Nell’ambito della nostra economia, a trarne i maggiori benefici furono le esportazioni di prodotti ortofrutticoli e generi alimentari, nonché di manufatti di seta e di cuoio (gli articoli, allora, di maggior pregio della nascente industria italiana), in cambio di carbone e varie materie prime. D’altronde, sino all’apertura nel 1882 della linea del Gottardo, quella della Frejus fu l’unica arteria ferroviaria funzionante con il resto dell’Europa, e, anche dopo la realizzazione nel 1906 della linea del Sempione, essa continuò ad avere notevole importanza per il traffico con l’Oltralpe: tant’è che prima della Grande Guerra si provvide ad elettrificare parte dei suoi tronchi.

Oggi, la conversione di questa linea storica al transito del Tgv, nasce da un progetto del 1991 concepito dal Comitato per la Transpadana (di cui era uno dei promotori il presidente della Confindustria Sergio Pininfarina), in connessione con il piano per il cosiddetto "Corridoio 5", varato nel giugno 1990 al vertice europeo di Nizza, per accrescere e velocizzare le comunicazioni fra Est e Ovest. Ma solo nel 1993 il governo italiano aveva firmato con quello francese gli accordi per uno studio di fattibilità, affidato nel 1996 a un’apposita commissione intergovernativa. Da allora sono passati perciò quindici anni, tra inadempienze e contestazioni dei "No Tav"; e adesso c’è da sperare che, nel 140° anniversario della linea del Frejus, si possa procedere infine a renderla più consona alle nuove esigenze dei nostri tempi.