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 2010  marzo 17 Mercoledì calendario

FRAMMENTI CELESTI AL DI LA DELLA SIEPE

Una serata all’insegna del «cielo letterario», con i racconti astronomici che gli scrittori da sempre hanno dedicato alla magia delle stelle. Prenderà il via domani alle 21, nella suggestiva cornice del Planetario (piazza Agnelli 10, ingresso gratuito), organizzata da Marco Cattaneo, direttore di Le Scienze, insieme a Giangiacomo Gandolfi e Stefano Sandrelli. Gandolfi ha svolto attività di ricerca nel campo dell’astrofisica delle alte energie e lavora al Planetario come curatore scientifico. Sandrelli si occupa di didattica e divulgazione e collabora, tra l’altro, con l’Agenzia spaziale europea. Insieme hanno curato un’antologia di racconti di astronomia, «Piccolo atlante celeste», pubblicato da Einaudi, che raccoglie i racconti di una trentina di scrittori, da Italo Calvino a Primo Levi, da Julio Cortazar a Dino Buzzati, da Isaac Asimov a Mario Rigoni Stern, da Luigi Pirandello ad Alphonse Daudet, da Giacomo Leopardi a Giuseppe Pontiggia.

Due attori, Luigi Saravo e Massimo Fanelli, leggeranno brani di questi racconti sotto le stelle del Planetario. «Lirici, pastorali, drammatici, estatici o umoristici che siano - dicono Gandolfi e Sandrelli - questi frammenti di firmamento, questi racconti celesti, rappresentano un tentativo di relazionarsi all’universo, di alzare lo sguardo oltre la siepe e di sollevarsi almeno per un po’ dal pozzo della quotidianità». Il loro intento è anche di superare la scissione tra cultura umanistica e cultura scientifica, creatasi nel Novecento, e di tornare a un unico linguaggio, perché «la verità dei nostri tempi è di natura sfuggente, probabile più che certa, una verità al limite che sconfina nelle ragioni ultime, dove il calcolo serve fino a un certo punto e soccorre una illuminazione, una folgorazione improvvisa: Scienza e Poesia non possono camminare su strade divergenti», come aveva intuito Leonardo Sinisgalli, che invocava una ricomposizione prendendo ad esempio Leonardo da Vinci e Galileo.

E proprio Galileo è il primo della serie di scrittori che domani saranno citati. La sua lettera in italiano volgare ad Antonio de’ Medici, che apre il «Piccolo Atlante Celeste», è un capolavoro di precisione e profondità, di rigore scientifico e arte del racconto. Galileo descrive ciò che di inaudito e mai visto prima ha scoperto nel cielo: la luna vista attraverso la canna di un telescopio. Una luna che non è «di superficie uguale, liscia e tersa, come da gran moltitudine di gente vien creduto esser lei et li altri corpi celesti, ma all’incontro esser aspra, et ineguale, et insomma dimostrarsi tale, che altro da sano discorso concludere non si può, se non che quella è ripiena di eminenze e di cavità, simili, ma assai maggiori, ai monti et alle valli che nella terrestre superficie sono sparse». Un brano a cui fa da contrappunto squisitamente letterario la scoperta di Marte del signor Palomar, il personaggio creato da Calvino: «Marte al telescopio si rivela un pianeta più perplesso di quanto non sembri a occhio nudo: pare abbia tante cose da comunicare di cui si riesce a mettere a fuoco solo una piccola parte, come un discorso farfugliato e tossicchiante». Un pianeta con cui si fatica a stabilire un rapporto, «come con una persona dal carattere difficile».