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 2010  marzo 17 Mercoledì calendario

DIFENDE COI DENTI IL SUO DIRITTO ALLA PRIVACY. CRISPI


Ogni giorno, per mesi e mesi, un quotidiano gli rivolge con ostinazione, in prima pagina, delle domande molto personali. Lui non risponde, e il giornale gliele rivolge di nuovo, inflessibile come un comitato di salute pubblica, impassibile come Buster Keaton. Dall’alto della sua carica di governo, benché lo accusino d’avere commesso delle nefandezze, il bersaglio di questa campagna di stampa ostile si difende negando d’avere commesso alcunché di sconveniente, ma soprattutto strillando che nessuno ha il diritto di frugare tra le sue lenzuola.

Si comporta come se non sapesse che la vita privata dei politici diventa automaticamente sospetta non appena uno di loro comincia a invocare la privacy. Da quest’orecchio, però, lui non sente ragione. Fatti miei, protesta. Protestano a gran voce anche i giornali della sua parte politica. Ma alla fine è costretto in un angolo e deve rassegnare le dimissioni.

Silvio Berlusconi, dite, non ha dato le dimissioni, né intende darle? Certo che no. Ma non è di lui che stiamo parlando. Parliamo di Francesco Crispi, ex garibaldino, amico di Garibaldi e Mazzini, leader della sinistra storica, che all’epoca delle dimissioni è ministro dell’interno (dieci anni più tardi, allo scoppio dello scandalo della Banca Romana, sarà presidente del consiglio). Siamo nel 1878 e un giornale d’opposizione, ”Il Piccolo” di Napoli, lo accusa di bigamia. Racconta questa storia esemplare un libro appena pubblicato da Rubbettino, Il ministro e le sue mogli, pp. 140, 14,00, di Enzo e Nicola Ciconte, che consigliamo a quanti amano le «coincidenze significative», come le chiamano i seguaci di Carl Gustav Jung, psicoanalista un po’ stregone.

Separato da Rosalie Montmasson, sposata a Malta venticinque anni prima, Francesco Crispi ha impalmato una ragazza di trent’anni più giovane. Nega ogni validità al precedente matrimonio, ma ha la coda di paglia e così si è risposato in segreto, celebrando le nozze religiose nel salotto di casa. Spera che nessuno venga a sapere del nuovo matrimonio, ma ”Il Piccolo” è di vedetta e così scoppia uno scandalo, tanto più che Rosalie Montmasson, la prima moglie, è una specie di monumento nazionale: è la sola donna che, con uno schioppo a tracolla e gli opuscoli di Giuseppe Mazzini nel tascapane, abbia preso ufficialmente parte alla spedizione dei Mille (ha diritto persino a una pensione da ex combattente). Sono tutti dalla sua parte, anche la Regina d’Italia, che tesse pubblicamente l’elogio della moglie ripudiata e censura il comportamento del marito infingardo e traditore. Crispi, col tempo, dimostrerà d’avere non soltanto la tempra del vecchio sporcaccione, che sbava e smania per le giovinotte, ma anche quella del politicante avido e senza troppi scrupoli. Per il momento deve dare le dimissioni. Ma l’uomo è vendicativo e, prima di rassegnarsi a mollare il ministero, permette che i giornali fedeli alla sinistra infanghino la reputazione dell’ex moglie scrivendo che aveva degli amanti «tra i domestici». Un po’ come la stampa berlusconiana, ai nostri giorni, accuserà Veronica Lario d’avere un amante tra le sue guardie del corpo (che sono poi dei domestici palestrati).

Questa è una somiglianza tra ieri e oggi. Una differenza? Eccola: un tribunale del regno, all’epoca, diede scandalosamente ragione a Crispi invalidando il suo primo matrimonio, mentre Silvio Berlusconi, in un moderno tribunale della repubblica, se la vedrebbe brutta.

Oggi la magistratura condannerebbe il Cavaliere, dichiarandolo spergiuro, anche se dicesse che gli piace raccontare barzellette osé. Ma lo condannerebbe per tentato omicidio, prendendolo in parola, se dicesse al telefono, metti a un direttore di tigì, che lui a quel Santoro e a quella Dandini, comunisti e calunniatori che non sono altro, farebbe volentieri un mazzo tanto.