Dagospia, 28/9/2007, 28 settembre 2007
1 – LA PESANTISSIMA CONDANNA DI BRINDANI E MAGOSSO (238 MILA EURO)
(Ansa) - Si è concluso con due condanne, - davanti al Tribunale di Monza in composizione monocratica -, il processo che vedeva imputati il giornalista Renzo Magosso, autore di un articolo sul delitto Tobagi, pubblicato sul settimanale ’Gente’ e l’allora direttore della testata, Umberto Brindani.
(Umberto Brindani e signora - Foto U.Pizzi)
Il procedimento è scaturito da una querela per diffamazione, presentata dal generale dei carabinieri in pensione Alessandro Ruffino e dalla sorella del generale Umberto Bonaventura, e concerneva un articolo sul numero di ’Gente’ del 17 giugno 2004 in cui Magosso riportava un’intervista a un sottufficiale dei carabinieri dell’epoca, Dario Covolo, che dichiarava di avere presentato, sei mesi prima del delitto Tobagi una nota informativa sui terroristi che stavano progettando l’azione criminosa e che i suoi superiori la chiusero in un cassetto.
Nel corso del processo, Covolo (detto "Ciondolo") ha ribadito la versione dei fatti fornita a Magosso e cioè che già nel 1979 i suoi superiori, Ruffino e Bonaventura, all’epoca capitani dell’Arma, erano al corrente che Walter Tobagi era nel mirino dei terroristi. Ma il giudice Ilaria Maupoil ha accolto la tesi del pm Alessandro Pepè secondo cui Magosso avrebbe pubblicato le confidenze di Covolo senza verificarne l’esattezza - che non è mai stata provata, è stato sottolineato, in nessun atto processuale - al solo fine di fare uno scoop.
Magosso è stato condannato a una multa di 1.000 euro e dopo la lettura della sentenza ha dichiarato: ’’Oggi il mestiere di giornalista si sente molto male: per aver fatto una intervista a un protagonista dei fatti relativi alla morte di Tobagi, mi vedo condannato. Non esiste la libertà di stampa garantita dalla Costituzione’’. Brindani è stato condannato a 300 euro di multa e, in solido con Magosso, a risarcire le parti lese con una provvisionale di 218 mila euro, oltre alle spese legali per 20mila euro.
La sentenza verrà depositata entro 90 giorni: solo allora si potrà capire come ha ragionato il giudice Maupoil e su quali elementi si fondi la colpevolezza degli imputati.
(Bettino Craxi)
2 – CRAXI: ”QUALCUNO HA TACIUTO” – LA PRECISAZIONE DI SCALFARO
Da www.francoabruzzo.it
Dal libro "Le carte di Moro, perché Tobagi" di Roberto Arlati e Renzo Magosso (Franco Angeli 2003) riprendiamo un passaggio (pagine 142/143) che riguarda la risposta 19 dicembre 1983 del Ministro dell’Interno Oscar Luigi Scalfaro nell’aula di Montecitorio a una interrogazione sul delitto Tobagi. Era stato Bettino Craxi (primo ministro dal 4 agosto 1983) ad accusare: "Qualcuno ha taciuto una nota informativa che preannunciava l’organizzazione dell’assassinio di Walter Tobagi". Questa la risposta di Scalfaro:
"Agli atti del reparto operativo del Gruppo carabinieri di Milano 1 esiste l’originale di una relazione di servizio redatto da un sottufficiale dell’Arma ("il brigadiere Ciondolo", ndr) il 13 dicembre 1979 nella quale si legge: "Secondo il postino, il...(segue il nome di un altro confidente) e gli altri avrebbero lasciato il proposito di compiere azioni in Varese ma avrebbero in programma un’azione a Milano. Il ....non ha lasciato capire pienamente quale possa essere il loro obiettivo ma ha riferito al postino che si tratta di un vecchio progetto delle Formazioni comuniste combattenti (FCC).
Per quanto riguarda l’azione da compiere qui a Milano e la zona nella quale il gruppo sta operando il postino ritiene che v sia in programma un attentato o il rapimento di Walter Tobagi, esponente del Corriere della Sera. La zona in cui il gruppo sta operando dovrebbe essere quella di piazza Napoli-piazza Amendola-via Solari dove il Tobagi dovrebbe abitare. Il Tobagi è un vecchio obiettivo delle Formazioni comuniste combattenti...". Dagli accertamenti svolti il postino di Varese si identifica con un certo Rocco Ricciardi. Va rilevato che l’attività dell’Arma dei carabinieri in tutte le vicende sufferiferite è attività di polizia giudiziaria che implica, come tale, il dovere di riferire in via esclusiva all’autorità giudiziaria dalla quale dipende".
La precisazione è sconvolgente. E’ l’ultima frase a far sensazione. Scalfaro mette in luce che i carabinieri debbono informare i magistrati. "Questa puntualizzazione - scrivono Arlati e Magosso - appare, alla luce dei fatti, come un rimprovero. Lascia implicitamente intendere che i carabinieri dell’Antiterrorismo di Milano non hanno detto tutto ai magistrati milanesi". (Va detto che Arlati, ex ufficiale dell’Arma, aveva lavorato con Rufino Bonaventura).
3 - STAMPA DEMOCRATICA (fondata da Walter Tobagi)
Un nuovo, gravissimo segnale d’allarme per la salute della libertà di stampa arriva dal Tribunale di Monza, che ha condannato per diffamazione Renzo Magosso, caporedattore di Gente, e con lui il direttore Umberto Brindani. Il settimanale aveva pubblicato una intervista a Dario Covolo, ex brigadiere dei Carabinieri impegnato negli anni ’70 e ’80 nelle indagini sul terrorismo. Nell’intervista - confermata parola per parola da Covolo in una testimonianza resa al processo contro Magosso e Brindani - si affermava che erano stati fatti, sei mesi prima dell’assassinio di Walter Tobagi, i nomi di coloro (Marco Barbone e gli altri 5 della Brigata 28 Marzo) che progettavano un’azione terroristica contro l’inviato del Corriere della Sera e Presidente dell’Associazione Lombarda dei giornalisti, leader e fondatore della corrente sindacale Stampa Democratica.
Si arriva al punto che un’intervista, resa evidentemente in modo totalmente fedele, costituisce - secondo il giudizio di primo grado - un reato. E soltanto perché essa contrasterebbe con una presunta "verità ufficiale" stabilita, e cristallizzata, nelle sentenze di oltre 20 anni fa sul delitto Tobagi.
E’ evidente che, se questo criterio si affermasse, nessun esercizio di dubbio o di critica sarebbe più ammesso. I giornalisti sono avvertiti: d’ora in poi scrivere su Piazza Fontana, la Strage di Brescia, quella di Bologna, per citare solo qualche caso, potrà essere pericoloso.
Accanto alle iniziative, ventilate o in atto, da parte del governo e del potere politico, per imbrigliare il diritto-dovere di cronaca, sentenze come quella di Monza devono richiamare i giornalisti alla vigilanza e alla mobilitazione.
Ai colleghi condannati Stampa Democratica esprime solidarietà, apprezzamento per il loro lavoro, e l’augurio che in appello il giudizio possa essere ribaltato.
mv
3 - LORENZO DEL BOCA: "MAGOSSO HA FATTO IL SUO DOVERE"
"Il mestiere del giornalista è diventato proprio difficile". E’ il commento di Lorenzo Del Boca, presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti, dopo che Renzo Magosso, caporedattore del settimanale Gente, è stato condannato per aver pubblicato l’intervista al brigadiere dei carabinieri Dario Covolo che raccontava particolari inediti sul delitto Tobagi.
"Il collega ha fatto il suo dovere - prosegue Del Boca - e non può venirgli meno la solidarietà della categoria. I giudici sostengono che per evitare la condanna avrebbe dovuto ricordare nell’articolo che la ricostruzione dell’ex carabiniere era contestata da altre persone. E’ evidente il desiderio dei giudici di insegnarci il mestiere. Chissà perché i magistrati si lamentano tanto quando i giornalisti contestano loro la faraginosità del loro italiano".