La Repubblica 13/09/2007, pag.21 DONALD G. MCNEIL JR., 13 settembre 2007
Il mondo dei condannati al dolore. La Repubblica 13 settembre 2007. WATERLOO (SIERRA LEONE) - La stagione delle piogge sta arrivando presto, ma Zainabu Sesay non è nelle condizioni per aiutare il marito
Il mondo dei condannati al dolore. La Repubblica 13 settembre 2007. WATERLOO (SIERRA LEONE) - La stagione delle piogge sta arrivando presto, ma Zainabu Sesay non è nelle condizioni per aiutare il marito. malata. Ha un cancro al seno. «It bone! It booonnnne lie de fi-yuh!». Brucia come il fuoco: così Zainabu descrive il dolore, in Krio, il creolo inglese parlato in questo Paese dove i colonizzatori britannici dislocarono gli schiavi affrancati. Come milioni di altre persone nei Paesi più poveri del mondo, Zainabu è destinata a morire soffrendo. Non può avere il farmaco di cui ha bisogno, un farmaco economico, efficace, legale per usi medici in base a trattati sottoscritti da quasi tutti in Paesi, prodotto in gran quantità e in circolazione fin da quando Ippocrate tessé le lodi della pianta da cui è ricavato, il papavero da oppio. Zainabu non può avere la morfina. Non soltanto perché è povera o perché è povero il paese in cui vive, la Sierra Leone. I narcotici suscitano paura: i medici hanno paura che i pazienti diventino assuefatti a quelle sostanze e le forze dell´ordine hanno paura della criminalità legata alla droga. L´Organizzazione mondiale della sanità calcola che siano 4,8 milioni ogni anno gli individui affetti da dolori tumorali, moderati o gravi, che non ricevono cure appropriate. E lo stesso vale per 1,4 milioni di malati di Aids all´ultimo stadio. Per altre cause di dolori persistenti - ustioni, incidenti d´auto, ferite d´arma da fuoco, danni al sistema nervoso di origine diabetica, anemia falciforme e così via - l´agenzia dell´Onu non fornisce stime, ma ritiene che il problema interessi milioni di individui. Le cifre raccolte dal Comitato internazionale per il controllo dei narcotici, un organismo dell´Onu, parlano chiaro: i cittadini delle nazioni ricche soffrono meno. Sei Paesi - Stati Uniti, Canada, Francia, Germania, Gran Bretagna e Australia - consumano, secondo una stima del 2005, il 79 per cento della morfina mondiale. I Paesi a basso e a medio reddito, dove vive l´80 per cento della popolazione globale, ne consumano appena il 6 per cento circa. Alcuni Paesi di fatto quasi non la importano. Nel 2004, il consumo pro capite di morfina negli Stati Uniti era circa 17.000 volte superiore a quello della Sierra Leone. I medici africani descrivono esperienze di pazienti che soffrono a tal punto da scegliere altri rimedi: impiccarsi o gettarsi sotto a un camion. L´ingrediente base della morfina, l´oppio, non scarseggia certo. I papaveri vengono coltivati per ricavarne l´eroina, naturalmente, in Afghanistan e non solo, ma grossi appezzamenti sono coltivati anche in India, in Turchia, in Francia, in Australia e in altri Paesi, per ricavarne morfina e codeina. Non è neanche costosa, nemmeno per gli standard dei Paesi in via di sviluppo. Un ospedale per malati terminali in Uganda, ad esempio, produce la morfina in proprio, a costi tanto bassi che una fornitura per tre settimane costa meno di una forma di pane. In molti Paesi poveri, tuttavia, i medici normalmente non la prescrivono. «C´è una forte paura dell´assuefazione, frutto spesso di un fraintendimento», dice David E. Joranson direttore del Gruppo di studio sulle politiche per il trattamento del dolore dell´Università del Wisconsin. Gli esperti di medicina del dolore affermano che negare questi farmaci ai malati terminali rappresenta una crudeltà. I sintomi da astinenza sono inevitabili, sostengono, ma i benefici sono maggiori dei rischi. Nel caso di Zainabu Sesay, Alfred Lewis, un infermiere dello Shepherd´s Hospice, sta facendo il possibile per rendere meno dolorosi i suoi ultimi giorni. Per il dolore Lewis le somministra un farmaco generico a base di paracetamolo e tramadolo, una sostanza affine alla codeina ma che ha una potenza pari solo al 10 per cento di quella della morfina. tutto quello che ha da darle. A New York, Zainabu avrebbe già cominciato a prendere la morfina o un suo equivalente, come l´ossicodone o il fentanyl. Anche se il suo ospedale disponesse di morfina, Lewis non potrebbe dargliela. Le leggi della Sierra Leone prevedono che la morfina possa essere maneggiata solo da un farmacista o da un medico, spiega Gabriel Madiye, il fondatore dell´ospedale. Ma in tutta la Sierra Leone ci sono solo 100 medici, uno ogni 54.000 persone, mentre negli Stati Uniti il rapporto è di uno a 350. « una "oppiaceo-fobia"», dice Madiye. «Stiamo uscendo da una guerra in cui molte delle violazioni dei diritti umani sono state originate dall´abuso di droga». Esther Walker, un´infermiera britannica che lavora con Lewis, dice che una volta fece una lezione sulle cure palliative alla facoltà di Medicina. C´erano 28 studenti e chiese se qualcuno avesse mai visto una persona morire serenamente in Sierra Leone. «Tutti risposero di no», dice la Walker. Madiye sfoga la sua frustrazione. Ha fondato lo Shepherd´s Hospice nel 1995, lo ha visto distruggere durante la guerra civile e poi lo ha ricostruito. Ma non riesce ad ottenere quell´unico farmaco che darebbe a persone come Zainabu Sesay quella morte dignitosa che in Occidente sarebbe considerata un loro diritto inalienabile. «Come fanno - chiede - a dire che non c´è richiesta se non li autorizzano?». DONALD G. MCNEIL JR.