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 2007  settembre 13 Giovedì calendario

E il sindaco decreta il «giorno della procreazione». Corriere della Sera 13 settembre 2007. MOSCA – Un giorno in più di vacanza purché si facciano figli

E il sindaco decreta il «giorno della procreazione». Corriere della Sera 13 settembre 2007. MOSCA – Un giorno in più di vacanza purché si facciano figli. La Russia è disposta a tutto per risolvere il suo problema demografico, ossessionata dal mito dei paesi Popolosi (tipico delle dittature del secolo scorso) ma anche terrorizzata dai dati statistici. La popolazione, che è già diminuita di sei milioni di unità dal 1993, potrebbe passare dai 142 milioni di oggi a 108 milioni nel 2050. Tra i primi a muoversi per convincere i concittadini a fare più figli è stato il sindaco della cittadina di Ulyanovsk, sul Volga, che porta ancora il nome del suo figlio più famoso (Vladimir Ilijch Ulyanov, detto Lenin). Non poteva proclamare un giorno di festa in più rispetto al calendario statale, allora ha resuscitato il subbotnik, o sabato comunista, nel quale i lavoratori erano obbligati a effettuare lavori di pulizia. Pochi minuti con la ramazza in mano e poi tutti a casa. Ma a fare figli, secondo l’esortazione del primo cittadino. Che ha pure previsto il premio da assegnare a chi fra 9 mesi esatti (il 12 giugno, festa dell’indipendenza) sfornerà un bebè. Un fuoristrada Uaz modello (guarda caso) Patriot. Ma la situazione non preoccupa solo il sindaco di Ulyanovsk. In Russia i dati demografici sono catastrofici. La mortalità è simile a quella registrata in Africa e la natalità è invece bassa come nel resto d’Europa. Per le donne l’aspettativa di vita è di 73 anni e per gli uomini di 60. In Italia siamo a 83 anni per le donne e 77 per gli uomini. Ogni anno in Russia muoiono a causa dell’alcool 40 mila persone. Altrettante periscono negli incendi. Mentre gli incidenti stradali mietono 30 mila vittime, il che vuol dire una percentuale sulla popolazione doppia di quella italiana che pure è una delle più alte d’Europa. Per cercare di ristabilire un trend meno negativo, il governo ha iniziato a puntare su più figli e sugli immigrati. Naturalmente non quelli dell’Asia centrale o del Caucaso che verrebbero volentieri. Incoraggiare questi immigrati sarebbe suicida dal punto di vista politico perché il razzismo contro i chyorniye (neri, come vengono definiti tutti gli abitanti di queste regioni) è diffusissimo. Invece Putin ha deciso di puntare sul ritorno in patria dei russi che sono rimasti nelle ex repubbliche sovietiche diventate autonome dopo lo scioglimento dell’ Urss. E perfino sui tedeschi emigrati in due milioni quando si aprirono le frontiere. Si tratta dei discendenti dei contadini che vennero fatti affluire in Russia da Caterina la Grande nel 18? secolo per popolare le terre del Volga. Stalin nel 1941, dopo lo scoppio della guerra con il Terzo Reich, li deportò tutti in Siberia e nell’Asia Centrale. Poi, dopo il 1991, sono emigrati in Germania. Ma lì si sono trovati male, spesso non sono riusciti a integrarsi e a lavorare. Oggi molti sono interessati a un rimpatrio. Già ottomila di loro sono tornati. Altri ci stanno pensando, come Boris Renner, che ha raccontato al Moscow Times di essere combattuto tra il desiderio di rimanere con la figlia e i nipotini a Neuenkirchen, vicino a Brema, o tornare nell’Altai, ai confini con la Mongolia, dove si è già trasferito il figlio Evgenij. Putin è pronto ad accoglierli e ha già stanziato circa cento milioni di euro per migliorare le infrastrutture nelle zone dove i tedeschi abitavano. I primi che sono tornati a casa sono infatti finiti a vivere in ex vagoni ferroviari. Fabrizio Dragosei