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 2007  settembre 13 Giovedì calendario

Beppe Grillo e il carnevale della politica. Corriere della Sera 13 settembre 2007. Vorrei chiederle come si sente da giornalista riguardo all’approccio che l’informazione ha avuto nei confronti del ben noto V-day

Beppe Grillo e il carnevale della politica. Corriere della Sera 13 settembre 2007. Vorrei chiederle come si sente da giornalista riguardo all’approccio che l’informazione ha avuto nei confronti del ben noto V-day. L’organizzazione dell’evento è partita a giugno, e per i tre mesi seguenti l’epurazione di qualsiasi informazione al riguardo è stata, come dire, scientifica, da parte di tutti (televisioni e giornali, destre e sinistre). Nel momento in cui milioni di italiani direttamente o indirettamente si sono riuniti in tutto il mondo (le parlo da Londra) per manifestare il loro dissenso, è iniziata una scientifica demolizione delle ragioni alla base dell’evento. Si cerca di mistificare con l’accusa di populismo quando si sono fatti nomi e cognomi, proposte e direzioni. E cosa ne pensa del fatto che, credo per la prima volta, la rete sia riuscita a bypassare completamente tutti gli altri media, a organizzarsi in maniera perfetta, a autoinformarsi? Dico questo non perché siamo arrabbiati per la mancanza di informazioni né amareggiati per le mistificazioni. Siamo usciti dall’8 settembre con una sicurezza in più, quella di non aver più bisogno di questa informazione. Mi piacerebbe avere il suo punto di vista, non tanto sui contenuti ma sul rapporto tra media e popolazione dopo il V-day. Simone Querzoni Caro Querzoni, non posso parlare per il giornalismo italiano. Ma posso cercare di spiegarle le ragioni per cui l’iniziativa di Beppe Grillo non mi è piaciuta e per cui anche oggi, sollecitato dalla sua lettera, ne parlo con molto disagio. Gli sconfinamenti politici di attori, teatranti e umoristi appartengono, da Aristofane in poi, alla storia delle democrazie occidentali. Il partito dell’Uomo Qualunque, dopo la fine della Seconda guerra mondiale, venne fondato da un commediografo (Guglielmo Giannini) e godette per qualche tempo di un successo sensazionale. Quando ho letto che Fausto Bertinotti, in questi giorni, ha riconosciuto il ruolo di Grillo («colma un vuoto ») mi è tornato alla mente che anche Palmiro Togliatti, tra la fine del 1946 e gli inizi del 1947, cercò di abbozzare un dialogo con il leader dei qualunquisti. Vi sono stati da allora altri sconfinamenti. Negli anni Cinquanta, Leo Longanesi, geniale editore, scrittore, artista e disegnatore satirico, cedette per un brevissimo periodo alla tentazione della politica e permise la formazione di un movimento che si sarebbe intitolato, dal nome del suo settimanale, «Circoli del Borghese». Più recentemente abbiamo avuto Nanni Moretti e i suoi girotondi. E negli ultimi due decenni in Francia (un Paese con cui abbiamo in comune poche virtù e molti difetti) vi è stato il caso di due chansonniers-cabarettisti di origine italiana che sembrarono sul punto di candidarsi alla presidenza della Repubblica. Il primo era Yves Montand, il secondo Michel Colucci, meglio noto con la pseudonimo di Coluche. Ciascuno di questi casi presenta le stesse caratteristiche. Il «teatrante» ha una grande capacità di comunicazione, mette alla berlina la classe politica, risveglia le frustrazioni e i risentimenti di una parte della società. Il fenomeno assomiglia per molti aspetti al carnevale, vale a dire a quella parentesi, nel corso dell’anno, in cui è permesso di trasgredire e sovvertire le regole della vita civile. La irresistibile ascesa del comico-politico dura generalmente qualche mese o pochi anni e si spegne quando il pubblico si stanca di ascoltare sempre le stesse battute o si accorge che nessuna soluzione politica potrà mai venire dal mondo dell’avanspettacolo. Così accadrà, suppongo, anche nel caso di Beppe Grillo. Ma il carnevale in questa occasione è stato particolarmente plebeo e volgare. Per coloro che cercano di raffreddare i bollori e le intemperanze della politica italiana, lo spettacolo di Bologna è stato sconfortante. Il successo di Grillo dimostra indubbiamente che la classe politica italiana ha perduto gran parte della sua credibilità. Ma dimostra altresì che vi sono in tutti noi sentimenti beceri e forcaioli che un tribuno del palcoscenico può risvegliare. Vengo infine alla sua domanda. Credo che lei abbia ragione. La «rete» ha creato una informazione alternativa che ha un alto grado di spontaneità e auto-organizzazione. I mezzi d’informazione tradizionali dovranno tenerne conto e fornire al lettore, sempre di più, le inchieste, le analisi e le riflessioni che i blog non possono dare. SERGIO ROMANO