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 2006  ottobre 03 Martedì calendario

Maccari lo racconto io Panorama, 5 ottobre Il nuovo libro di Roberto Gervaso si intitola Ve li racconto io (Mondadori) e sarà in libreria il 3 ottobre

Maccari lo racconto io Panorama, 5 ottobre Il nuovo libro di Roberto Gervaso si intitola Ve li racconto io (Mondadori) e sarà in libreria il 3 ottobre. Ecco l’incontro con il pittore Mino Maccari. 14 dicembre 1978 L’artista ottantenne Mino Maccari ha coniato battute al fulmicotone. Come quella dedicata a Longanesi: "Leo è nato nel secolo decimo nano". Ma nel secolo nano è nato anche lui, alto, cioè basso,un metro e cinquantacinque. A chi perfidamente glielo ricorda, orgogliosamente risponde: "La statura di Giulio Cesare, Napoleone, D’Annunzio, Toulouse-Lautrec", A volte, mentendo, e sapendo di mentire, aggiunge Mussolini, alto, cioè basso, un metro e sessanta. Vorrei intervistarlo. Lo chiamo e lui mi risponde che non ha tempo da perdere o, fingendo di essere un altro, mi liquida con un lapidario: "II Maestro è uscito". Pronuncia la parola Maestro con tono beffardo, e solo perché con questo titolo, del resto meritatissimo, a lui mi sono rivolto. Lo richiamo alla vigilia di Natale e lui finalmente cede: "L’aspetto". Gli chiedo quando. "II lunedì dell’Angelo" mi risponde (quattro mesi dopo). Invoco un anticipo. E’ irremovibile: "O il lunedì dell’Angelo o niente. Salvo ripensamenti". "Di chi?" azzardo. " Come di chi?" replica indispettito. "Miei". "Faremo un’intervista?" butto lì. " Sì, ma sarò io a intervistare lei. Lei e Montanelli". "Che c’entra Montanelli?". "O viene con Indro o è meglio che non si presenti". "Ma Montanelli è a Milano". "Lo faccia venire a Roma". "E se non viene? ". "Vada lei a Milano". "E lei?". "Io resto a casa mia. Dove vuole che vada alla mia età? E poi Milano, da quando non ci sono più gli austriaci, la detesto". "Ma quando c’erano gli austriaci, non c’era lei". "E come lo sa? ". "Non era nato". "Questo lo dice lei: c’ero, c’ero". Sfinito, tomo stancamente alla carica: "E l’intervista?". "Se insiste, attacco". "E se non insisto?". "Gliela farò io". "Anche senza Montanelli?". "Anche senza Montanelli". "A che ora ci vediamo?". "Alle cinque e trentotto. Non un minuto prima né dopo". "Del mattino?". "La mattina ricevo solo gli amici. E lei non lo è. E mai lo sarà". "Allora, alle cinque e trentotto del pomeriggio". "Mi raccomando la puntualità, ma spero in un disguido, in un contrattempo, nel blocco del traffico, in uno sciopero dei mezzi. Anzi, in uno sciopero generale. Mi piacciono gli scioperi generali. Mi godo di più la casa e lavoro meglio". "D’accordo". "Non ho finito. Anzi, non ho nemmeno cominciato". "Cominci. O, almeno, finisca". "Mi dovrà portare una scatola di sigari". "Avana?". "Non bestemmi: toscani. Fumo solo toscani". "Quanti?". "Il numero non ha importanza. Ma che siano toscani". "Altro?". "Sa cucinare due uova all’occhio di bue?". "Sì". "Dove le compra?". "Dall’ortolano: fresche di giornata". "Le uova di giornata non esistono. A Roma c’è uno solo che le vende". "Le acquisterò lì". "Ma se non sa dove". "Dove?". "Non glielo dirò mai". "E come farò a portargliele e cucinargliele?". "Si arrangi. Cerchi sulle Pagine gialle". "Farò come dice" taglio corto. "Basta. Non ho più tempo da perdere. Spero di non risentirla più e di non conoscerla mai". "Lei ha preso un impegno. Mi ha fatto una promessa". "Sa cosa diceva il grande Corso?". "Ne ha dette tante". "Diceva: ”Promettere non impegna a nulla”". "Allora, Maestro, ci vediamo il lunedì dell’Angelo". "Se sarà ancora vivo. E mi raccomando i toscani e le uova di giornata". 16 aprile 1979 Oggi, lunedì dell’Angelo, puntuale come un’eclisse, varco la soglia della casa di Maccari. Piove a dirotto e m’inzuppo come un pulcino. Ho l’ombrello, ma anche la scatola di toscani e le uova di giornata. Temendo di bagnarle, le proteggo con l’ombrello, infradiciandomi una spalla. Suono e, dopo pochi secondi, una voce: "Chi è?". "Sono Gervaso". "C’è anche Montanelli?". "No. rimasto a Milano". "Meno male. Quindi, è solo?". "Solo". "Non le apro". "Come, non mi apre? L’appuntamento era per oggi, alle cinque e trentotto". "Senza toscani e senza uova di giornata in casa mia lei non entra". "Ma i toscani li ho. E anche le uova di giornata". "Fra dieci minuti le apro". "Sta piovendo a dirotto". "Avrebbe fatto meglio a starsene a casa". "Maestro, la supplico". "Non accetto suppliche né ordini". "Potrei buscarmi una polmonite". "Sa che lutto per il giornalismo". "Maestro...". "Non mi chiami Maestro". "E come devo chiamarla?". "Non mi chiami. Facciamo prima". "I sigari si bagneranno". "Se è così, le apro subito. Terzo piano, interno quattro. Ma non prenda l’ascensore". "Perché?". "Prima di lei è salito un menagramo". "Farò le scale". "Se inciampa, attento alle uova". Giunto al cospetto del Maestro, prima di dargli la mano, gli consegno le uova di giornata e la scatola di sigari, che apre per sincerarsi che siano toscani. Poi, chiama la cameriera, le affida le uova "da mettere subito in frigo". "Maestro, cosa sta facendo?". "Non la riguarda. Ma se proprio vuole saperlo, glielo dico. A una condizione". "Quale?". "Che non lo dica a Montanelli". "Perché?". "Creperebbe d’invidia". "Cosa sta facendo?". "Una cura ricostituente d’iniezioni. Non mi sono mai sentito così bene". "Scherzi a parte: sta dipingendo?". "I quadri sono un passatempo. Ma non mi distragga. Piuttosto, risponda alle mie domande. Ho qui un lungo questionario. Pensa che il Corriere pubblicherà la mia intervista?". "Ma sono io che devo intervistarla". "Mai". Dopo questo esilarante e disperante duetto, senza capo né coda, il discorso cade sul Selvaggio, la creatura prediletta dallo straordinario artista e grafico senese, feroce umorista, eccentrico fustigatore di costumi, moderno Giovenale, grande firma del grande Mondo pannunziano. Parliamo per più di due ore. Anzi, parla solo lui: di Strapaese, il movimento letterario che ispirò e lanciò, guadagnando alla propria causa Soffici e Longanesi. Parliamo dì Mussolini che sbertucciò, pur riconoscendone il carisma e i meriti; di Piacentini e della sua "gelida." architettura razionalista; del cinema, del giornalismo, dei Palazzi romani. "Lo sa" mi dice, quasi bisbigliando, come fra cospiratori, "che ho una ricetta infallibile per salvare I’Italia?". "Davvero?". "Come osa mettere in dubbio i miei poteri taumaturgici?". "Non oserei mai". "Non mi faccia troppe domande". "Sono qui per questo". "No: lei è qui per cucinarmi due uova di giornata all’occhio di bue".