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 1996  aprile 23 Martedì calendario

Tre cose Silvio Berlusconi vuol far sapere a Romano Prodi, Massimo D’Alema e Walter Veltroni. Le mette in fila chiacchierando nel salotto della villa, con la moglie Veronica che gli siede di fronte

Tre cose Silvio Berlusconi vuol far sapere a Romano Prodi, Massimo D’Alema e Walter Veltroni. Le mette in fila chiacchierando nel salotto della villa, con la moglie Veronica che gli siede di fronte. il primo giorno da leader dell’opposizione, tra poco si sposterà a Villa San Martino, dove incontrerà giornalisti e televisioni. In sintesi, questo è il messaggio che il Cavaliere invia ai vincitori. Primo: «Faremo un’opposizione vigile, ma costruttiva. Non siamo di quelli che mandano in piazza la gente, anche perché i nostri in piazza non ci vanno. Dipenderà dalla strada che hanno intenzione di scegliere loro, anche dal nuovo governo, certo. Per esempio, dal ministro di Grazia e Giustizia che nomineranno. Se fosse un Violante, faccio un esempio, si capiranno tante cose». Secondo: «Non me ne vado, non posso andarmene, ora che otto milioni di italiani hanno votato Forza Italia perché mi vogliono leader del Polo. Cercherò di riorganizzare il movimento scegliendo uomini moderati. Dalle riforme alle privatizzazioni, siamo disposti a discutere, a ragionare. D’Alema sa di poter contare su me e Gianni Letta». Terzo: «Io non volevo le elezioni, mi sono battuto fino all’ultimo per il governo Maccanico. A Fini l’avevo detto: ”Guarda che perdiamo”. Ma lui, niente. Ti ricordi, Veronica, quella sera che tornando da Roma avevo previsto come sarebbe andata?». Rimpianti? «Io ho fatto tutto quello che potevo, in questa campagna elettorale. Domenica mattina ho contato centododici telefonate. Sente che voce roca mi è venuta? Mia moglie comunque dice che così è più sensuale». La signora Veronica non conferma, sorride con l’aria di dire: «Che bugiardo!». Siamo in salotto e dunque parte della conversazione assume toni per l’appunto salottieri. Si parla, ad esempio, dei possibili futuri ministri, Berlusconi si interroga su quale dicastero toccherà a Lamberto Dini: «Non credo affatto che diventerà presidente del Senato o della Camera. Gli piace avere contatti internazionali, finirà per scegliere gli Esteri o il Tesoro. Chissà poi chi metteranno agli Interni...». Stringe gli occhi, forse mentalmente e malinconicamente scorre la lista dei ”suoi” ministri invano preparata. Buttiamo un nome a caso, Cesare Salvi. Berlusconi sorride: «Ah, sarebbe un ottimo degli Interni. Ha pure il fisico del ruolo, è così serio». All’aggettivo ”serio” il pensiero torna alla spina nel fianco, i giudici, le inchieste: «Bisogna capire se i vincitori vorranno far fuori un avversario politico usando l’arma della magistratura. A Milano c’è questo pool di tre persone che si occupano solo di me. Vanno a Londra, cercano carte...». Neanche nel giorno della sconfitta elettorale, Berlusconi ammette di aver sbagliato strategia con la magistratura. Se avesse fatto come altri grandi imprenditori, se avesse ammesso le proprie responsabilità e patteggiato... «Ma io quelle tangenti non le ho date. Morirò gridandolo. Se lo ricorda, no?, l’ho giurato sulla testa dei miei figli. Di quelle cose si occupavano i miei collaboratori e se fossero venuti da me gli avrei detto che erano matti a mettersi nelle mani di un maresciallo della finanza». Dai giudici al nuovo progetto che il voto del 21 aprile gli ha scodellato fumante. Anche Veronica Berlusconi, sempre attenta a non invadere campi, ammette che «il segnale degli elettori carica Silvio di una nuova responsabilità». «Lo capisco anch’io che devo dedicarmi alla riorganizzazione del partito, puntare su gente seria, preparata, professionisti come Beppe Pisanu. Una parola. Tutti dimenticano quanto costa la politica. Per mettere in piedi e mantenere Forza Italia ho investito del mio, ma le risorse non sono senza fine. In questo momento nessuno ti finanzia una campagna elettorale se poi deve firmare un pezzo di carta: è come se si vergognassero. Di questo passo, si tornerà ai finanziamenti occulti e invece bisogna trovare un sistema legale... I miei deputati già si tassano, non posso chiedere più di tanto». Persone serie, moderate... Anche questo è un segnale che da Macherio parte per Roma: «Abbiamo già fatto scelte in questa direzione. Ferrara adesso pensa al suo giornale, Il Foglio, che peraltro è anche molto pacato: io lo trovo bellissimo. Previti, con tutto che gli è capitato, ha altro cui pensare... Ha visto che Di Muccio, uno dei più aggressivi, non è nemmeno stato eletto?». Dalla politica, la conversazione torna su registri nuovamente salottieri. Il padrone di casa spiega perché ha deciso di non andare in tv, ai cosiddetti dibattiti, «qualcuno l’ho trovato così confuso e caotico che mi ha definitivamente convinto a disintossicarmi dalle interviste, dalla televisione». Si parla anche di giornali e il Cavaliere commenta il trasferimento di Carlo Rossella alla Stampa: « stato molto tempestivo» e prevede che Ezio Mauro gli darà filo da torcere alla Repubblica, almeno quanto Scalfari, «anche se in un modo diverso». Recriminazioni per una sconfitta che forse poteva evitare? «A Fini l’avevo detto, non mi ha ascoltato. D’altra parte, credo che D’Alema sia preoccupato per le responsabilità del nuovo governo, a Prodi faccio tanti auguri, speriamo che non debba affrontare grane più grandi di lui. Ve lo immaginate alle prese con una dichiarazione di guerra? An ha creduto a chi raccontava che avrebbe superato Forza Italia, io ho sempre saputo che non sarebbe accaduto». Per l’alleato Fini, comunque, Berlusconi ha parole di stima. Pensando alle privatizzazioni che il nuovo governo Prodi dovrà affrontare, assicura: «Non è vero che Fini non le voglia. Così come è falso che An abbia avuto sete di potere. Certo, in Puglia Tatarella vuol fare di testa sua». Si parla di alleati e Berlusconi evoca Mastella, che nel suo collegio non ce l’ha fatta: «Casini mi ha detto che Clemente è arrabbiato con me, non riesco a capire perché». E se un pezzo di Polo se ne andasse con il centro dell’Ulivo? «Gli elettori non ce lo perdonerebbero. Certo, in politica tutto può succedere. Ma io dico che non succederà». In un pomeriggio un po’ così, dopo aver passato una domenica a leccarsi le ferite e la mattinata di lunedì, assicura, a rincuorare i trombati, Berlusconi sembra nuovamente lanciato verso un progetto: fare il leader di un’opposizione «responsabile», formare quel centro destra «normale» e preparato che finora non s’è ancora visto, in Italia. Quanto ci creda davvero e quanto sia costretto a crederci dalle circostanze, non si sa. «Silvio si è trovato nel centro destra perché la destra è stata la prima a capire le regole del maggioritario. Ma è il centro l’area nella quale si trova a suo agio» osserva la moglie Veronica. Ed è l’ unico suo commento sulla campagna elettorale appena conclusa. Domenica notte lei è andata a dormire, un po’ più tardi del solito ma in tempo per evitare l’infinita diretta tv. E adesso, mentre il Cavaliere prende la porta per la conferenza stampa dello sconfitto, ribadendo il concetto: «Non è vero che, dopo tutte le interviste, mi è venuta una voce più sexy?», le scappa un vero sorriso: «Non è vero, ma è il bugiardo più divertente che conosca». Maria Latella